2013_04_04_Wecoop_Portico
Scriveva già nel 1848 il grande economista liberale John Stuart Mill, che “La forma di associazione che, se il genere umano continuerà a progredire, ci si può attendere che alla fine predomini, non è quella che può esistere fra un capitalista come capo e gli operai senza alcuna voce nella direzione dell’impresa; ma l’associazione dei lavoratori stessi su un piano di uguaglianza, che possiedano collettivamente il capitale con il quale conducono le loro operazioni e lavorino sotto direttori eletti e destituibili da loro stessi”. A guardare il panorama economico odierno sembrerebbe che tale progresso si sia interrotto. Scandali, economici, truffe, l’avidità che diventa filosofia di vita, il profitto l’unico idolo da adorare…

Eppure la realtà è per fortuna più complessa e pluralista e sempre più vediamo affiancarsi a imprese capitalistiche nuove forme imprenditoriali che creano valore anche se non sono orientate alla massimizzazione del profitto. Le cooperative, innanzitutto, le imprese sociali, le imprese di economia di comunione, chiamiamole, in generale, le imprese civili. E’ una realtà che ha una lunga storia, che ha visto la sua culla proprio in Italia; che parte dai monasteri e dalle abazie benedettine, vera culla dell’economia moderna, passa dai Monti di Pietà francescani e arriva fino a noi nella forma di imprese che pur operando nel mercato perseguono interessi di natura pubblica e sociale. Recentemente, a questo riguardo, ha fatto scalpore la presa di posizione di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, che ha riconosciuto come nel passato si sia data troppa rilevanza al solo modello dell’impresa volta alla massimizzazione del profitto e che è ora necessario prendere atto che esso non ha funzionato e che c’è anche bisogno di modelli d’impresa differenti. L’importanza di queste imprese “differenti”, di questa visione dell’economia, è tale che l’ONU ha voluto chiamare il 2012, “anno internazionale delle imprese cooperative”.

E’ proprio per festeggiare questa ricorrenza e anche il suo 15mo compleanno, che un gruppo di cooperative riunite nel “Consorzio Solidarietà” di Cagliari ha avuto una idea, tanto originale, quanto brillante. Inventare e produrre un gioco di società, un “Monopoli della cooperazione”, un gioco che, diversamente dal suo omologo capitalistico, mettesse in luce il fondamentale principio secondo cui in una società e anche in un sistema economico, si vince solo se si vince insieme.

E’ nato in questo modo WECOOP, dalla collaborazione tra il Consorzio Solidarietà, la Confcooperative Sardegna, SmartLab, una società spin-off dell’Università di Cagliari e lo IED, l’Istituto Europeo di Design. Un gruppo di giovani economisti, matematici, pedagogisti, designer hanno concepito l’idea, l’hanno disegnata e realizzata, con il supporto fattivo di Artevideo, una cooperativa, tanto per cambiare, di produzione audiovisivi e comunicazione.

Nell’intenzioni degli ideatori il gioco vuole essere uno strumento per diffondere in maniera leggera e divertente una cultura economica nuova che si ispira ai princìpi dell’economia civile e di comunione e alle esperienze concrete delle imprese cooperative. Ma è anche un esperimento economico. Giocando, si possono testare, infatti, alcune delle più recenti teorie economiche, che nella misurazione del benessere e dell’efficienza considerano sempre più importanti elementi come la fiducia, la reciprocità, il lavoro di squadra; tutti princìpi essenziali alla base di Wecoop. Al centro del tavolo viene collocata una mappa (in questa versione, della Sardegna) che i partecipanti costruiscono assieme con le loro azioni di gioco: occorre decidere davanti a opportunità, dilemmi e imprevisti; bisogna crearsi una reputazione, fare investimenti, essere in regola col fisco, stipulare alleanze con i concorrenti, costruire reti…. e alla fine ci sarà un vincitore, ma tutti avranno concorso allo sviluppo e alla crescita del proprio territorio. Nello stesso tempo, così come avviene nella pratica dell’Economia di Comunione, ogni giocatore contribuisce alla costituzione del Fondo comune, un bene pubblico. WECOOP è un gioco, ma soprattutto l’allegoria di un’economia differente, responsabile, in cui il mercato è un luogo di crescita non solo economica ma anche umana.